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L'inviolabilita' della liberta' personale. La liberta' sessuale della prostituta


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L'inviolabilita' della liberta' personale. La liberta' sessuale della prostituta Un fatto di cronaca particolarmente grave: un uomo alla guida della sua autovettura avvicina una prostituta e si accorda per una prestazione sessuale a pagamento, ma quando la donna sale in macchina all'improvviso esce dal bagagliaio un secondo uomo che, insieme al primo, la sequestrano, la costringono a rapporti sessuali ai quali la donna cerca di opporsi con tutte le sue forze e, infine, la rapinano togliendole cellulare e il denaro che aveva con sé.
Il Tribunale di Velletri, prima, e la Corte di appello di Roma, poi, condannano i due responsabili alla pena di 8 anni e 6 mesi di reclusione per sequestro di persona, violenza sessuale e rapina.
Ma i due imputati propongono ricorso per cassazione. Sorvolando sul primo motivo di impugnazione, rivolto esclusivamente a vizi procedurali, in secondo luogo, viene censurata la sentenza di appello per aver omesso di riconoscere agli imputati l'attenuante del fatto di minore gravità prevista dall'ultimo comma dell'art. 609-bis c.p. da ritenersi sussistente «in relazione alla qualità di prostituta della vittima, persona adusa a pratiche sessuali con sconosciuti ed esposta al rischio di aggressioni, con conseguente minore lesività e minore incidenza della stessa sulla sua sfera psichica» (sic!).

Anche la prostituta ha diritto alla sua libertà sessuale.
Per la Corte di Cassazione non merita accoglimento tale motivo di ricorso con il quale l'altro imputato aveva criticato la sentenza di appello nella parte in cui non aveva riconosciuto il fatto di minore gravità per essere la persona offesa dedita alla prostituzione.
A tal proposito la Suprema Corte, dopo aver riconosciuto che il percorso argomentativo del giudice del merito è stato coerente e logico (in particolare mettendo in rilievo la brutalità delle violenze sessuali compiute congiuntamente da due persone e le «turpi finalità» cui era finalizzato il sequestro di persona), esclude categoricamente che la circostanza che la persona offesa sia una prostituta possa avere una qualche efficacia diminuente la gravità del fatto.
Ed infatti, scrive la Corte, «il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice di cui all'art. 609-bis c.p. è costituito dalla libertà di espressione della propria sessualità, il principio di libera autodeterminazione della sfera sessuale trova applicazione anche nei confronti della prostituta, in quanto è rimessa all'esclusiva disponibilità di quest'ultima la vendita del proprio corpo».
Ma v'è di più. La Suprema Corte precisa anche che il delitto di violenza sessuale ricorre anche tutte le volte in cui «l'atto sessuale trasmodi dal contenuto della prestazione liberamente concordata, esulando, per le modalità con cui è stato consumato, dal consenso originariamente prestato dalla prostituta, ma, per il suesposto principio della libertà di autodeterminazione della propria sfera sessuale, la valutazione della gravità della condotta prescinde dalla qualità della vittima, non subendo alcuna attenuazione per il solo fatto che trattasi di persona dedita al meretricio».
Ne deriva la correttezza della sentenza di merito che ha escluso che nel caso di specie il reato commesso dai due imputati potesse rientrare nella categoria del reato di minore gravità previsto dall'art. 609-bis c.p..
AVV. GIUSEPPE CAPONE

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