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Autoriciclaggio Normativa


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Autoriciclaggio Normativa Il 4 dicembre scorso è stato approvato dal Senato della Repubblica il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale”. Il provvedimento, oltre a prevedere l’istituto della collaborazione volontaria finalizzato a sollecitare il rientro di capitali illegalmente trasferiti oltre confine, introduce all'interno del codice penale italiano l'art. 648-ter.1 "Autoriciclaggio".

La nuova fattispecie incriminatrice prevede l'applicazione della "pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce in attività̀ economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative il denaro, i beni o le altre utilità̀ provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa". Nel caso in cui, invece, "i beni o le altre utilità̀ provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni" si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e la multa da 2.500 euro a 12,500 euro.

Acquisiscono dunque rilevanza penale, anche se poste in essere dall'autore del reato, le condotte di impiego, sostituzione e trasferimento in attività economiche, finanziarie imprenditoriali o speculative compiute sul denaro, i beni o le altre utilità tratte dalla commissione dello stesso, a patto che siano idonee ad "ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa".

Sotto il profilo dell'elemento oggettivo del reato, assistiamo dunque alla mera duplicazione di quanto previsto e punito dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., ma, essendo il soggetto agente lo stesso autore del reato da cui sono stati tratti i frutti da sostituire, trasferire o impiegare, il legislatore sceglie di attribuirvi un disvalore inferiore, e di punirlo con sanzioni detentive ridotte rispetto a quelle poste a carico del terzo.

Nella stessa ottica, ma soprattutto allo scopo di limitare la possibilità di dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione del principio del ne bis in idem, il terzo comma dell'art. 648-ter.1 prevede una condizione di non punibilità per i caso in cui "il denaro, i beni o le altre utilità̀ vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale". Occorrerà attendere le prime pronunce giurisprudenziali, per comprendere come sarà individuato il limite del concetto di "utilizzazione e godimento personale" e quale sarà la portata di tale condizione di non punibilità. Ad esempio per comprendere se saranno o meno perseguibili il conferimento del denaro in un fondo patrimoniale intestato a figli o nipoti, l'acquisto di un immobile per il coniuge separato, e tutti quegli impieghi che pur non coinvolgendo direttamente l'autore del reato sono prestati in favore di soggetti a lui legati da vincoli di parentela o comunque prossimità.

Il quarto comma dell’art. 648-ter.1 c.p. prevede un'aggravante per i fatti commessi nell'esercizio di un’attività̀ bancaria, finanziaria o di altra attività̀ professionale, ma ad essere più interessante è senz'altro la circostanza attenuante speciale prevista dal quinto comma per i casi in cui l'autore del reato "si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità̀ provenienti dal delitto". In tal caso la pena può essere diminuita fino alla metà. Ad avviso di chi scrive, pare alquanto improbabile che un soggetto scelga contemporaneamente di rendere difficoltoso individuare la provenienza illecita di un bene e al contempo assicurarne la conoscibilità da parte dell'autorità inquirente. Tale previsione, tuttavia, è finalizzata ad incentivare condotte di ravvedimento attuoso e di collaborazione.

Infine il comma sesto della norma prevede che si applichi l’ultimo comma dell’articolo 648 e che, pertanto, il reato di autoriciclaggio trovi applicazione anche quando l'autore del delitto da cui provengono il denaro i beni o le altre utilità non sia imputabile o non sia punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto. Con riferimento ai casi di autoriciclaggio, la previsione in esame potrà evidentemente trovare applicazione nel solo caso in cui l’autore del reato sia solo un concorrente nel delitto originario o nel caso in cui le condizioni di non punibilità eventualmente esistenti non abbiano quale presupposto caratteristiche personali e permanenti del soggetto agente che possano risultare efficaci ad escluderne la punibilità anche per tale reato.

Il disegno di legge approvato, recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale”, prevede altresì l’inserimento del reato di autoriciclaggio all’interno dell’elenco dei reati presupposto di responsabilità amministrativa degli enti. La fattispecie incriminatrice di cui all’art. 648-ter.1 c.p. confluisce infatti all’interno dell’art. 25-octies del D. Lgs. 231/2001 rubricato d’ora in avanti “Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio”.

Ne deriva che, nel caso di reimpiego all'interno di un’attività imprenditoriale dei proventi dei reati commessi dall'imprenditore nell'interesse o a vantaggio della stessa, la Società potrà essere ritenuta responsabile ai sensi del D. Lgs. 231/2001 e sarà soggetta alle sanzioni e alle disposizioni previste all’interno di tale norma.

Leggendo tale innovazione alla luce della natura e del complessivo contenuto del disegno di legge approvato, si comprende come l’autoriciclaggio e la sua previsione come reato presupposto di responsabilità amministrativa degli enti siano considerati innanzitutto come misure per la lotta all’evasione fiscale e non si può far a meno di pensare che si tratti dell’ennesimo tentativo di aprire la strada all’applicazione del D. Lgs. 231/2001 ai reati tributari.

Ancora una volta, non si opta per un inserimento diretto, ma si crea uno strumento idoneo ad estendere indiscriminatamente l’ambito applicativo della responsabilità amministrativa anche a tale categoria di illeciti. Il reato di autoriciclaggio ben si presta a tale scopo, probabilmente molto meglio del delitto di associazione per delinquere fino ad oggi assai frequentemente impiegato per raggiungere tale obiettivo. Innanzitutto, i reati tributari rientrano tra quei delitti non colposi i cui frutti vengono normalmente reimpiegati, sostituiti o trasferiti al fine di rendere difficoltoso rintracciarne la provenienza delittuosa, in secondo luogo, nel caso in cui un reato tributario sia commesso nell’ambito di un’attività imprenditoriale e nell’interesse della stessa, il reimpiego dei proventi del reato all’interno dell’impresa è pressoché scontato.

Pare assai verosimile che d’ora in avanti nel caso in cui un soggetto sia sottoposto a procedimento penale per un reato tributario commesso nello svolgimento di un’attività imprenditoriale, lo stesso sia perseguito anche per autoriciclaggio e, conseguentemente, sia chiamata a rispondere per tale delitto anche l’impresa cui il soggetto risulta collegato. Ciò anche solo nel tentativo di consentire alla pubblica accusa di avvalersi dapprima dello strumento del sequestro preventivo di cui all’art. 53 del D. Lgs. 231/2001 e poi della confisca nei confronti dell’impresa, andando ad aggredire un patrimonio certamente più capiente di quello dell’autore del reato e, soprattutto, andando a sottrarre i proventi del reato al soggetto giuridico che realmente se ne sia avvantaggiato.

Alla luce di quanto sopra esposto, si comprende l’effettiva portata delle novità normative introdotte con il disegno di legge approvato, recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale” e il grandissimo impatto che tali innovazioni avranno nell’applicazione pratica del D. Lgs. 231/2001. Agli operatori più operosi non resta dunque che prepararsi ad aggiornare i propri Modelli di organizzazione, gestione e controllo, inserendo al loro interno misure atte a prevenire non solo la nuova fattispecie delittuosa di autoriciclaggio, ma anche i reati tributari in genere. Del resto, viste le istanze della Corte di Cassazione e la spinta del Governo in materia di lotta all’evasione, è probabile che la tempestiva adozione di tax compliance program si riveli solo un’anticipazione di quello che ormai sembra essere l’inevitabile epilogo dell’estensione della responsabilità amministrativa degli enti alla categoria dei reati tributari.

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