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Racconti

Viola-Renée

Lunedì 28 Aprile 2014 10:22


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Viola-Renée

Viola-Renée: raccontami una favola
io: no, ti racconterò una storia…
Viola-Renée: c’era una volta?!
io: le storie non iniziano con c’era una volta.
Mia figlia non è ancora nata, non esiste il suo
embrione, esiste solo il desiderio, solo un
pensiero, e che sia una signorina o un
signorino poco importa, ma se fosse femmina
si chiamerebbe Viola-Renée e testimonierebbe l’amore.
Viola-Renée: me la racconti allora questa storia?
io: hai fretta di chiudere gl’occhi per
incontrare angeli e non orchi?!
Viola-Renée: ho voglia di sentire la tua voce
accompagnarmi nella mia vita.
Parla già come una grande, ma non è che un
pensiero nelle nostre vite; Viola-Renée non
esiste ancora, ma è già grande, ieri nasceva,
oggi si diploma e domani sarà impegnata ad
incoraggiare il mondo ad essere più buono.
Viola-Renée ha il valore della vita come si
deve nelle sue vene, ha un marchio di
fabbrica che le dice di essere una persona
coraggiosa e altruista, ha il futuro nelle sue
mani, ha il colore di un tramonto sano sui
suoi occhi che saranno i miei. Avrà nei suoi
geni la combattività della sua mamma, e l’arte
del padre, qualunque essa sarà.

 

Favole per bambini

Sabato 26 Ottobre 2013 15:41

Tutto cambia nell'universo se in qualche luogo, non si sa dove, una pecora che non conosciamo ha, si o no, mangiato una rosa.

Guardate il cielo e domandatevi: la pecora ha mangiato o non ha mangiato il fiore? E vedrete che tutto cambia... Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia tanta importanza.


Racconti breve da " Il piccolo principe"

"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo…."
"Chi sei?" domandò il piccolo principe, " sei molto carino…"
"Sono la volpe", disse la volpe.
" Vieni a giocare con me", disse la volpe, "non sono addomesticata".
"Ah! scusa ", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
" Che cosa vuol dire addomesticare?"
" Non sei di queste parti, tu", disse la volpe" che cosa cerchi?"
" Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.
" Che cosa vuol dire addomesticare?"
" Gli uomini" disse la volpe" hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso!
Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi le galline?"
"No", disse il piccolo principe. " Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?"
" E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…"
" Creare dei legami?"
" Certo", disse la volpe. " Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma.se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo."
" Comincio a capire", disse il piccolo principe. " C'è un fiore…. Credo che mi abbia addomesticato…"
"E' possibile", disse la volpe "capita di tutto sulla terra…"
"Oh! Non è sulla terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa:
" Su un altro pianeta?"
" Sì"
" Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
" No"
" Questo mi interessa! E delle galline?"
" No"
" Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
" La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me .Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita,
sarà come illuminata. Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in
fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai
addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…"
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
" Per favore …..addomesticami", disse.
" Volentieri", rispose il piccolo principe, " ma non ho molto tempo, però.
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose".
" Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
" Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
" Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.
" In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino…."
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
" Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
" Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti".
" Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
" Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.
" E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io
mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "…Piangerò".
" La colpa è tua", disse il piccolo principe, "Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…"
" E' vero", disse la volpe.
" Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
" E' certo", disse la volpe.
" Ma allora che ci guadagni?"
" Ci guadagno", disse la volpe, " il colore del grano".
soggiunse:
" Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo".
"Quando ritornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto".
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente" , disse.
" Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
" Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. " Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei
che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa" E ritornò dalla volpe.
" Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
" L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
" E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
" Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
" Io sono responsabile della mia rosa…." Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.

Antoine de Saint-Exupéry

 

“La plastica non maturaâ€

Giovedì 18 Luglio 2013 13:49

“La plastica non maturaâ€

Un uomo dei nostri tempi: modi semplici e sorriso da ragazzo

Una vita passata in campagna. Oggi, a 84 anni, continua a fare l’orto e ad accudire gli animali: è Corindo Gasperini, di Calcata; per tutti semplicemente Corindo. Racconta, parla, ricorda, con il piacere di divertirsi, rievocando fatti antichi e cose accadute ieri, tutte permeate della stessa, semplice, continuità di vita.

Corindo ha fatto la terza media, dice con un filo di nostalgia per gli anni della fanciullezza, ma senza rammarico. Anzi, con l’aria scanzonata di chi sa, di chi ha appreso direttamente dalla natura, di chi giorno per giorno ha imparato a conoscere ogni albero, ogni pianta, ogni animale della sua campagna.

“La plastica non maturaâ€, dice, parlando senza alcuna enfasi. Una frase che in sintesi racchiude una filosofia di vita, una straordinaria concezione delle cose, dell’ambiente e della sostenibilità. È certo che, in una percezione di naturalità, tutto nasce, cresce, matura e muore. Ecco, la plastica no. Per questo Corindo la guarda con un po’ di sospetto. La usa, ma non sa bene, proprio come noi, come potrà fare a tornare alla natura. Un problema che lui si pone e molti cittadini no.

Parlando all’ombra degli ulivi dell’orto di casa, Corindo ricorda i nomi di qualcuno dei suoi innumerevoli somari, il carattere di ciascuno, qualche fatto che descrive con ironia. “I somari ti salvano†e spiega che l’animale percepisce prima dell’uomo alcuni pericoli, si frappone tra i cani, o i lupi di una volta, conosce la strada e i suoi rischi. Insomma, non è solo una bestia da soma, ma un compagno di lavoro, con i suoi tempi, le sue inclinazioni e le sue preferenze.

Racconti di spostamenti a piedi, tutti a piedi. Sia quando si trattava di andare alle fiere dove si vendevano gli animali, dove Corindo portava mucche e “somaretti†(gli asini giovani), sia quando si trattava di andare semplicemente a lavorare la terra. Una giornata da bracciante, a volte, richiedeva un’ora o due di cammino per raggiungere il posto di lavoro. Ma negli occhi di Corindo non c’è nessuna retorica, nessun senso epico, nessun autocompiacimento. Vive così da sempre e non si è mai comprato neanche un furgoncino Ape o un trattore. Ancora oggi, l’orto lo lavora con il somaro.

Ci salutiamo: Corindo deve dare una zappatina per togliere le erbacce intorno ai pomodori.

Roberto Sinibaldi

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA

Venerdì 07 Giugno 2013 17:06

di Antonio Giangrande

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Tra i nostri avi abbiamo condottieri, poeti, santi, navigatori,

oggi per gli altri siamo solo una massa di ladri e di truffatori.

Hanno ragione, è colpa dei contemporanei e dei loro governanti,

incapaci, incompetenti, mediocri e pure tanto arroganti.

Li si vota non perché sono o sanno, ma solo perché questi danno,

per ciò ci governa chi causa sempre e solo tanto malanno.

Noi lì a lamentarci sempre e ad imprecare,

ma poi siamo lì ogni volta gli stessi a rivotare.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Codardia e collusione sono le vere ragioni,

invece siamo lì a differenziarci tra le regioni.

A litigare sempre tra terroni, po’ lentoni e barbari padani,

ma le invasioni barbariche non sono di tempi lontani?

Vili a guardare la pagliuzza altrui e non la trave nei propri occhi,

a lottar contro i più deboli e non contro i potenti che fanno pastrocchi.

Italiopoli, noi abbiamo tanto da vergognarci e non abbiamo più niente,

glissiamo, censuriamo, omertiamo e da quell’orecchio non ci si sente.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Simulano la lotta a quella che chiamano mafia per diceria,

ma le vere mafie sono le lobbies, le caste e la massoneria.

Nei tribunali vince il più forte e non chi ha la ragione dimostrata,

così come abbiamo l’usura e i fallimenti truccati in una giustizia prostrata.

La polizia a picchiare, gli innocenti in anguste carceri ed i criminali fuori in libertà,

che razza di giustizia è questa se non solo pura viltà.

Abbiamo concorsi pubblici truccati dai legulei con tanta malizia,

così come abbiamo abusi sui più deboli e molta ingiustizia.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Abbiamo l’insicurezza per le strade e la corruzione e l’incompetenza tra le istituzioni

e gli sprechi per accontentare tutti quelli che si vendono alle elezioni.

La costosa Pubblica Amministrazione è una palla ai piedi,

che produce solo disservizi anche se non ci credi.

Nonostante siamo alla fame e non abbiamo più niente,

c’è il fisco e l’erario che ci spreme e sull’evasione mente.

Abbiamo la cultura e l’istruzione in mano ai baroni con i loro figli negli ospedali,

e poi ci ritroviamo ad essere vittime di malasanità, ma solo se senza natali.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Siamo senza lavoro e senza prospettive di futuro,

e le Raccomandazioni ci rendono ogni tentativo duro.

Clientelismi, favoritismi, nepotismi, familismi osteggiano capacità,

ma la nostra classe dirigente è lì tutta intera da buttà.

Abbiamo anche lo sport che è tutto truccato,

non solo, ma spesso si scopre pure dopato.

E’ tutto truccato fin anche l’ambiente, gli animali e le risorse agro alimentari

ed i media e  la stampa che fanno? Censurano o pubblicizzano solo i marchettari.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Gli ordini professionali di istituzione fascista ad imperare e l’accesso a limitare,

con la nuova Costituzione catto-comunista la loro abolizione si sta da decenni a divagare.

Ce lo chiede l’Europa e tutti i giovani per poter lavorare,

ma le caste e le lobbies in Parlamento sono lì per sé  ed i loro figli a legiferare.

Questa è l’Italia che c’è, ma non la voglio, e con cipiglio,

eppure tutti si lamentano senza batter ciglio.

Che cazzo di Italia è questa con tanta pazienza,

non è la figlia del rinascimento, del risorgimento, della resistenza!!!

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Questa è un’Italia figlia di spot e di soap opera da vedere in una stanza,

un’Italia che produce veline e merita di languire senza speranza.

Un’Italia governata da vetusti e scaltri alchimisti

e raccontata sui giornali e nei tg da veri illusionisti.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma se tanti fossero cazzuti come me, mi piacerebbe tanto.

Non ad usar spranghe ed a chi governa romper la testa,

ma nelle urne con la matita a rovinargli la festa.

Sono un italiano vero e me ne vanto,

ma quest’Italia mica mi piace tanto.

Rivoglio l’Italia all’avanguardia con condottieri, santi, poeti e navigatori,

voglio un’Italia governata da liberi, veri ed emancipati sapienti dottori.

Che si possa gridare al mondo: sono un italiano e me ne vanto!!

Ed agli altri dire: per arrivare a noi c’è da pedalare, ma pedalare tanto!!



Antonio Giangrande (scritta l’11 agosto 2012)

 

La favola dell': "Organico"

Martedì 08 Maggio 2012 13:03

-Organico-

Pare niente, uno pensa ai pomodori, bucce di patata, cocce d’uovo, roba così, roba innocua insomma.

Neanche per il cazzo. Nei residui di materiale organico, e quindi a quel punto anche nelle nostre panze, c’è di tutto. Dai metalli pesanti alle salmonelle, dai diserbanti agli antibiotici ed estrogeni per fare intruciniare le mucche. Come fai a decidere, onestamente, dove mettere ‘sto cazzo di organico? Non è che ti puoi mettere, il lunedì sera dopo le nove mi raccomando, a fare la questione accademica sul quantitativo di mercurio che insaporisce i resti del merluzzetto che ti sei appena scofanato. Chiudi il sacchetto (biodegradabile, ah ah ah) e lo metti nell’apposito contenitore, che ti saluta con una fanfara di puzze.

Ok, questo è ciò che facciamo tutti noi separatori di monnezza, ogni sera dispari della semana salvo el domingo. Se ci volessimo porre seriamente il problema probabilmente non camperemmo più.

Più se ne sa, meno se ne vorrebbe sapere. Dalle nostre parti anche la lattuga è diventata un po’ sospetta, la lavi per bene col bicarbonato e speri che basti. E che cacchio, in fondo è solo lattuga. Non ci pensi, non ci vuoi pensare a quello che quasi certamente compone gli strati profondi di terreno, gli argini dei fiumi, le falde acquifere stuprate dal percolato. Vabbè, non sarà dappertutto così, saranno casi eccezionali, ma d’altronde la Campania quella è, non è che può fare il miracolo di digerire per decenni schifezze, diossine ecc. e poi regalarti lattughe, frutta e mozzarelle al di sopra di ogni sospetto. Da qualche parte dovranno andare a finire, tutti questi inquinanti. Ti dicono che, in effetti, di sostanze più o meno nocive la nostra zona è già bella farcita, per effetto dei molteplici vulcani che fanno zompare a livelli record il quantitativo di zolfo, cadmio, arsenico, piombo e compagnia bella nelle acque, ad esempio, del fiume Sarno. Appunto, dico io, non bastavano gli inquinanti naturali? Che saranno pure di origine geologica, ma sempre male fanno; il nostro organismo reagisce e compensa, ma di certo non è preparato al moltiplicarsi di certi attacchi. Se ci aggiungi tutto quanto su accennato, quello a un certo punto si rompe le palle e ti ritrovi a parlare con un medico perplesso.

So di essere paranoico, ma è solo questione di come affronti il problema. Ti dicono: occhio ai prodotti importati, chissà da dove vengono, chissà se e come sono stati controllati. Il problema dei prodotti nostrani, salvo l’orticello dietro casa se uno ce l’ha o la piantina di basilico da balcone, è che lo sappiamo benissimo da dove vengono, e possiamo tranquillamente immaginarne l’accuratezza nei controlli…

Lo vedete che così non si campa più?

O tutti con l’orticello privato, e comunque devi starci attento, oppure bisogna inserire il fenomeno nel marasma delle quotidiane minacce alla nostra salute, e buonanotte. Io ho il basilico, la menta e cose così sul balcone. Ovvio, me ne cibo senza patemi, e mi beo del profumo. Ma talvolta, mentre stacco le foglioline dalla pianta, mi vengono in mente i tanti tetti in eternit anni settanta che occupano parte del mio panorama condominiale. Ti dicono che l’eternit, se viene verniciato bene, non polverizza se non in rarissimi casi. Nel dubbio di poter far parte dei rarissimi, lavo comunque le foglioline di menta, vasenicola o quel che è. Non si sa mai, cerchi di mangiare più sano e poi magari ti frega il basilico. Lavo, poi asciugo, mi do del cretino e finalmente magno. Lo so che è ridicolo. Lo so che basta una camminata a piedi respirando lo smog del traffico per fare altrettanti danni, se non peggio. Rispetto al consumo di alcool e tabacco, è chiaro che se devo decidere cosa fa più male non vincono gli anticrittogamici che stanno su certa verdura. Mi piacerebbe però che potessimo guardare almeno all’organico come a qualcosa di innocuo, roba che si mangia e basta, senza dover verificare luogo e data di semina, concepimento, crescita e infine raccolta di ogni singola cibaria. Se è tutto così sereno ed innocente, perché devo tracciare vita, morte e miracoli della mia bistecchina? Perché questa dimostrazione che è tutto in regola, tutte queste rassicurazioni sul fatto che il percorso sia rigorosamente bio? Mi volete mettere ansia?

Ok, ho un pochino d’ansia. Ma devo pur nutrirmi. Mi fa un po’ incazzare la scritta “provenienza: Italia†che sta sull’etichetta col codice a barre azzeccata per esempio sui sacchi di patate. Dovrebbe farmi sentire meglio il fatto che la patana è italiana? Non mi interessa di dov’è, anche se dire “italiana†e basta è piuttosto vago, in questo caso mi preme che sia un prodotto che mi sazia senza cercare di uccidermi. Se è italiano o giapponese, e a quel punto se è di Salierno o di Belluno, mi interessa dal punto di vista dell’inquinamento legato ai trasporti oceanici di prodotti che possiamo benissimo procurarci sotto casa. Là sì che mi brucia se la mia acqua minerale si deve fare mille chilometri perché io me la beva. È perché qua fa schifo che mi devo comprare l’acqua del trentino? Dice: bevi l’acqua della fontana. Nella mia città è stato consigliato di non bollirci nemmeno la pasta, con l’acqua di rubinetto. C’è roba che a lungo andare fa maluccio. Niente di drammatico, e poi dipende dalle zone. A casa mia dopo un po’ ci trovi la sabbia, e fa un sacco di calcare da tutte le parti. Si vede che sono sfigato io. È chiaro che poi con quell’acqua ci cucino lo stesso e talvolta ci deglutisco aspirine se sono raffreddato. Ci faccio il caffè. È che tutte le volte ti viene il pensiero del cloro, del calcare e compagnia. Ma mica mi posso intossicare pure il caffè? In minime quantità, mi bevo pure un pochino di calcare, capace che viene pure meglio il caffettuccio con l’acqua così, finchè non mi si ottura la macchinetta e mi rendo conto di quanto esce dal rubinetto a parte l’h2o. Per bere, e bevo tipo cammello certe volte, ovviamente compro l’acqua minerale. Ciò vuol dire che almeno un misero camioncino ha dovuto inquinare qua e là per tutta la zona per fare in modo che io potessi dissetarmi senza pensieri, ben sapendo che altrimenti l’acqua del mio rubinetto mi farebbe crescere a lungo andare le stalattiti nella panza. Lo ammetto, sono complice. Sono corresponsabile della puzza del camionno. Senza che faccio tanto il saporito, come direbbe un mio amico: è pure colpa mia.

Tornando però a pummarole, melanzane, cucuzzielli ecc. mi viene da pensare che mentre per me potrebbe pure essere rassicurante sapere che la carcioffola che ingurgito è campana, per il brianzolo medio sarebbe una bella preoccupazione, e ci penserebbe due volte prima di comprarsela. Vicino a casa = genuino? È questo l’assioma del cucuzziello? Se è così, per certe zone questo assioma non vale, anzi funziona al contrario. Tracciare l’albero genealogico della carcioffola - non sia mai transgenica! -, conoscere il luogo di semina e di scoppamiento, chi ci ha menato sopra cosa, chi l’ha raccolta, come l’ha trasportata, come è stata conservata ecc. è roba davvero complicata. A un certo punto si sconfina nella fede, ti devi fidare e basta. Uno allora cerca di tornare alla fonte, sperando che la parlata avventurosa e il viso schietto del parzunaro che si ha di fronte siano garanzia di genuinità, e che si stiano portando a casa soppressate senza stress, pomodori amichevoli, vruoccoli innocenti. O il pescatore ancora umidiccio che ti mostra il pescato guizzante, il capitone fuggitivo, più fresco di così! Poi magari il vruoccolo ti fa fesso anche se aveva una bella faccia, o il capitone si rivela metallifero nonostante la vivacità, che ne so. L’ho detto, ad un certo punto è fede, uno decide che sarà il capitone ad avere la peggio, e se lo mangia senza paura. Non sarà questo vruoccolo a fermarmi, giammai! Roba così, insomma. Sennò come si fa? Uno dice: io mangio solo biologico. Ora, non è che lo smog o le falde acquifere inquinate si fermano a distanza di sicurezza per rispetto delle coltivazioni “biologiche†. Dipende da dove stanno i cacchio dei campi coltivati, se sono troppo vicini ad una fonte di inquinanti ci puoi stare attento quanto ti pare, ci troverai comunque degli inquinanti. Hai voglia a chiamarlo “biologicoâ€. Ergo, gente, a questo punto magnate senza troppi pensieri. “Biologico†o meno, davvero non sarà il vruoccolo ad estinguere il genere umano, non abbiate paura. Al massimo potrete passare una brutta nottata a causa di quelle cozze che vi sembravano così veraci, ma morire proprio la vedo difficile. È altro, purtroppo, ciò che ci secca in corpo certe volte. Sarebbe bello arrendersi soltanto all’assalto del cibo, più spesso ti ciacca la qualità di merda dell’aria e anche del suolo, oltre alla caterva di danni autoinflitti. Se qualcosa deve nuocermi, che almeno abbia un buon sapore, dico io. Ma ripeto, non ci pensate troppo a questi fatti pesanti. Non ne vale la pena, e non si modifica poi tanto la situazione. Magari evitate ai vostri cuccioli, se ne avete, di intossicarsi come ha fatto la nostra generazione, che di tante cose non sapeva un catanazzo. Fatevi l’orto, se appena potete. Pure sul balcone. Cercate di produrre il più possibile da voi ciò che mangiate, oppure fatevi la camminata settimanale fino al parzunaro di cui vi fidate di più. Idem per pescivendolo e chianchiere, se siete carnivori. Andate a fiducia, ma soprattutto annusate. Il vostro nasino non mente, se non è cosa ve lo farà capire chiaramente. Perdete un po’ di tempo a scegliere cosa mangiare, vi prenderete più cura di voi stessi e delle persone che amate. Guardate le vostre verdure nelle palle degli occhi mentre crescono e maturano, se è possibile. Crescersi anche solo una piantina di peperoncino è una bella soddisfazione, ci metti la cura, ti adegui ad un ritmo naturale. Insomma, cercate di difendervi, ma continuate a gustarvi la cena nel frattempo. La vita è breve e spesso stronzella, anche se sei salutista.

Ora scusatemi, è il momento del sacchetto. Mi incappotto per bene, agguanto l’organico per le recchie e, sapete, in questo momento non mi fa nessuna paura il possibile contenuto di scorie di quelle bucce di patata, culi di pomodoro, resti di uova e scorze di formaggio che mi accingo a conferire nell’apposito ecc. ecc.. Sacchetto, sappi che non mi fai più paura di quello della signora del primo piano. A giudicare dall’odore di quella munnezza, tu sei un sacchetto a salve, caro mio. 180 passi, più o meno, ed ecco che ho trasferito la mia puzza in campo neutro. Rincaso infreddolito, e al posto del vecchio sacchetto ce n’è subito un altro, vuoto, pulito, ancora ignaro di ciò che sta per inzaccherarlo. Domani è un altro giorno, si vedrà. Non vi disturbate ad andare in ansia, a quello ci penso io. Ci vediamo dall’altra parte dello specchio.

Luca Buoninfante

 

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