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SCENA VERTICALE presenta U TINGIUTU Un Aiace di Calabria. Regia Dario De Luca


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U Tingiutu - foto Angelo Maggio Sulla scena quattro attori cominciano a muoversi attorno ad un catafalco listato di bianco su cui è posato un cadavere coi piedi, quasi in proscenio, rivolti al pubblico. Più sul fondo, sul lato sinistro, la bara bianca di un bimbo che non si vede.
Bene in vista, invece, il coperchio con croce del piccolo feretro e, sul fondo, la sagoma di legno scuro di una grande cassa da morto esibita nella sua minacciosa altezza funerea, con in cima un nero corvo dal becco giallo.
Sempre sul fondo, a destra, un tavolo con un piccolo albero di natale con luci intermittenti che conferisce al macabro scenario un grottesco sapore di festa.
E di Festa della Madonna i quatto uomini cominciano a discutere sulle note di Su di noi di Pupo, nome d'arte di Enzo Ghinazzi, come rivela, con saccente autorità il boss di turno (in pantaloni neri e camicia grigioscura a strisce) al sottocapo ignorante (ma con la stessa divisa), mentre i sottoposti lavorano - nella rigorosa gerarchia mafiosa - come imbalsamatore (in camice bianco) ed aiutante (in giacca bianca) alla ricomposizione del morto.
Perché è proprio la sala-obitorio di un'agenzia funebre calabrese lo spazio scenico in cui Dario De Luca (autore, regista, protagonista) ha ambientato questa intensa e viscerale storia di ‘ndrangheta dove si consuma una ricorrente ed improvvisa mattanza di morte, per l'affermazione del potere mafioso.
E come lugubre presagio funebre prima della strage, sul proscenio calano le veneziane attraverso le quali tutto diventa lontano da noi e come distaccati spettatori possiamo continuare a vedere e sopportare i soprusi e le angherie di una cultura di violenza e di morte da cui siamo assediati e di cui siamo imbevuti.
E cosi il richiamo, nei nomi dei protagonisti, ai grandiosi personaggi dell'epica di Omero e della tragedia greca di Sofocle assume un senso solo se rovesciato: i grandi eroi appartengono solo al mito e le battaglie per il potere di oggi hanno solo la connotazione bestiale di un'umanità degradata e putrescente.
Le mura di Troia sono oggi le pareti di un'agenzia funebre dove si consumerà una storia di carneficina, di torture e di sevizie masochiste.  Aiace, così come l'eroe omerico, diventa folle per l'offesa ricevuta: ma non sono le armi di Achille l'eredità mancata, bensì il riconoscimento non a lui ma ad Ulisse, da parte della "famiglia", della successione a capobastone, dopo la morte del boss. Da qui il sequestro e le torture dell'indegno successore Ulisse, incaprettato, incellofanato, umiliato anche con finte esecuzioni, in più sequenze di una storia raccontata cinematograficamente, alla Tarantino, con flashback ed intrecci temporali sfalsati e suggestivi.
Ma il protagonista sa di essere ormai U Tingiutu (il tinto), un cadavere che cammina, perché si è ribellato alle decisioni della "famiglia" e quindi, come l'eroe omerico, si dà la morte, secondo i codici dell'onore mafioso.
La lingua è, di conseguenza, un calabrese stretto ma quasi sempre comprensibile anche nell'allusività di un gergo imbevuto di mafiosità e di contrappunti tonali: insinuazioni, sottintesi, minacce, urla, insulti.
Non manca l'ironia che consente di alleggerire e stemperare la crudezza della vicenda e rendere ancora più esplicito il realismo e l'autenticità della messinscena.
Gli attori (cinque) di Scena Verticale si muovono, si trasformano, agiscono, parlano, sono uccisi o s'uccidono con tale naturale semplicità ed evidenza da farci sentire cittadini di una Calabria, di un meridione e di un mondo che ha smarrito il senso dell'umanità e del bello e si avvia verso l'imminente catastrofe.
Uno spettacolo di grande valore sociale ed etico che, da quasi due anni, sta percorrendo lo Stivale per iniettare, contro la nostra contiguità culturale mafiosa, efficaci anticorpi di umanità e di civiltà.
Attilio Bonadies
U Tingiutu è in programmazione a Napoli alla Galleria Toledo fino al 3 aprile.

Scena Verticale - U Tingiutu.Un Aiace di Calabria.

Scena Verticale - U Tingiutu.Un Aiace di Calabria.

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