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Cultura e spettacolo

Sette tele per sette giorni, mostra di Giovanni Tesauro al Catalogo

Martedì 30 Novembre 2010 12:09


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Giovanni Tesauro al Catalogo di Salerno La mostra sette tele per sette giorni sarĂ  visitabile alla Galleria Il Catalogo di Salerno Via A.M.De Luca 14 fino al 3 dicembre.

Sette tele per sette giorni è il titolo dell'ultima mostra del giovane e geniale pittore Giovanni Tesauro alla galleria "Il Catalogo" di Lelio Schiavone ed Antonio Adiletta a Salerno.
Il Catalogo - apro una parentesi per i giovani lettori che non hanno vissuto gli ultimi decenni del secolo scorso - non è una semplice galleria d'arte di una splendida città di mare del Sud, ma un pezzo della cultura del Novecento.
Alfonso Gatto, in pieno 1968, in mezzo alle rivolte studentesche, a pochi passi dal centralissimo Corso, sollecita il giovane amico Lelio ad aprire "una piccola galleria bianca e pulita" che ospiterĂ  artisti quali Cagli, Maccari, Scatizzi, Guttuso, De Pisis, l'amico Mario Carotenuto e letterati come Carlo Bo, Vasco Pratolini, Carlo Betocchi, Mario Luzi, Vittorio Sereni, Michele Prisco, Alessandro Parronchi e poi personalitĂ  come Giorgio Amendola, Aldo Falivene e, recentemente, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in visita a Salerno ed alla Cittadella del Cinema di Giffoni.
Un Catalogo di amici, come dirà Gatto " Lelio è l'amicizia che accorre al suo sentirsi chiamata. Perché egli è veramente Antonio Bruno Alfonso dentro di sé..." In effetti "l'amicizia non è una parola sacra" chiede  solo " l'indirizzo dell' "essere". Ed è giusto che l'essere sia, fra tanto "parere" di colore e di segni, in una galleria d'arte".
Perciò Giovanni Tesauro, chiamato a suo tempo  da un Antonio Adiletta attento ai talenti emergenti, è entrato a pieno titolo 
nella galleria degli artisti del Catalogo in virtù  di una straordinaria carica esistenziale che esplode dalla visionaria rappresentazione dei suoi paesaggi urbani...

 

I premi del 64esimo Festival Internazionale del cinema di Salerno.

Lunedì 22 Novembre 2010 21:15

Festival del cinema di Salerno 2010, i vincitori

Si è concluso, tra note difficoltĂ  di bilancio,  il 64° Festival Internazionale del Cinema di Salerno con l'assegnazione  al vincitore del Gran Trofeo “Ignazio Rossi” attribuito al Film "20 Sigarette" di Aureliano Amadei per la forza documentale di un' esperienza vissuta dal regista nella storia (attentato di Nassirya).

Sono stati assegnati inoltre i seguenti riconoscimenti: Trofeo Ciak a "L'altra rivoluzione:Gorkij e Lenin a Capri" di Raffaele Brunetti, il Premio Festival a "Ritratto di mio padre" di Maria Sole  Tognazzi, a "Anna Politkovskaja" di Ferdinando Maddaloni, a "Guerra, bugie & tv" di Amedeo Ricucci. Per la sezione lungometraggi Il Follaro d'oro è stato assegnato a "Happy Family" di Gabriele Salvatores, il Trofeo Ciak a "La prima cosa bella" di Paolo Virzì, a "L'ultimo re" di Aurelio Grimaldi, a "Benvenuti al Sud" di Luca Miniero (con Alessandro Siani ospite d'onore) ed a "Focaccia Blues" di Nico Cirasola.


Per la sezione corti il Trofeo Ciak a "Uerra" di Paolo Sassanelli e "Eroico Furore" di Francesco Afro De Falco, il Premio Festival a "Il Pallone rosso" di Mario Guarini ed Attilio Bonadies,  "La Autoridad" di Xavi Sala,  "Intercambio" di Antonello Novellino, "HAPPY BIRTHDAY IN NAPLES" di Salvatore Orlando sceneggiatura di Lian a Guadagni e Salvatore Orlando.
Premio Festival a Pietra Montecorvino ed a Federico Vacalebre (ospiti d'onore) per la partecipazione al film "Passione" di John Turturro.
Per la sezione Un libro per il Cinema "L'amante del federale" di Serena Grandi (ospite d'onore) dell'Editore Pironti.

 

7 - 14 - 21 - 28 di Rezza-Mastrella sarĂ  in scena alla Galleria Toledo fino a Domenica 21

Venerdì 19 Novembre 2010 10:27

Al teatro 7-14-21-28 di A.Rezza E' con questa immagine del sette elevato in potenza che si presenta l'ultimo spettacolo della collaudata coppia Rezza-Mastrella alla Galleria Toledo di Napoli.

Lo storico spazio di Via Concezione a Montecalvario, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, aperto alle più ardite sperimentazioni teatrali, musicali e cinematografiche, presenta una prima di tutto rispetto puntando sulle acrobazie ritmiche, verbali e facciali di Antonio Rezza. Questo inimitabile e funambolico artista  attraversa da più di un ventennio teatro, cinema ed arti figurative in uno straordinario sodalizio con Flavia Mastrella che inventa, per lui e per il piacere dell'occhio, tridimensionali macchine di una civiltà numerica in declino e suggestivi oggetti scenici.


Sul fondo nero del palcoscenico esplodono i bianchi ed i rossi di stoffe arrotolate e pronte a fasciare corpi e volti di maschere sceniche diverse e dialetticamente conflittuali.
Rezza, di volta in volta, introduce la testa nei tagli dei tessuti colorati creando, con la sua inimitabile mimica facciale, personaggi di una storia frantumata e comicamente allucinata.
Lo svitato paranoico che appare nella prima scena dondolando sull'altalena tra smorfie e ghigni grotteschi sollecita giĂ  il numeroso pubblico di giovani fans della prima alla facile risata.


E' il trionfo del tragicomico che si manifesta attraverso monologhi (e talvolta dialoghi) surreali che prorompono tra reti, corde ed oggetti tridimensionali che si presentano con forme e volumi triangolari rivolti verso l'alto. Ma l'uomo che si muove sulla scena non guarda verso il cielo alla ricerca di un Dio che non c' è.    Anzi, talvolta, urla e strepita su una pedana oscillante con ritmo sempre più ossessivo, la sua condizione di alienato e sfruttato sulla terra.  E la parola surreale e la mimica paradossale di un guitto sciolgono il dramma esistenziale dell' uomo contemporaneo  in una sempre più incalzante comica del quotidiano.


Anche la bestemmia non ha nulla di blasfemo: la leggerezza è la cifra stilistica di un linguaggio di scena che procede fino all'esplosione del paradosso finale (in questo ritroviamo gli stilemi dei testi di Alessandro Bergonzoni e dei suoi surreali giochi di parole).
Antonio Rezza è uno straordinario animale da palcoscenico che introduce gradualmente in scena un alter-ego più giovane ed avvenente (il bravo Ivan Bellavista) che non ha il dono della parola ma un'esplosiva carica erotica esibita (in nudità) con veloci e trasversali  corse sul palco. E con il celeberrimo richiamo manzoniano "Si racconta che il principe di Sassonia" (Condé) ...l la scena finale dell'inseguimento del capriolo (Ivan) da parte del satiro cacciatore (Antonio) assume ritmi sempre più incalzanti e teatralmente suggestivi, con la compiaciuta esibizione di nudi maschili in una fiabesca rappresentazione di giocosa sessualità.

Uno spettacolo magnetico che, pur con qualche momento di stanca, riesce a catturare lo spettatore per oltre un'ora di rappresentazione.

Attilio Bonadies

 

Evento unico: la mostra di Vincent van Gogh a Roma

Giovedì 18 Novembre 2010 11:16

Van Gogh Pittore di paesaggi traboccanti di luce, ma anche di vibranti ritratti, Vincent van Gogh era un artista impetuoso e appassionato che, all’occorrenza, dimostrava un altezzoso disprezzo per le convenzioni.

Nonostante i più vedano Van Gogh come un artista maledetto e guardino alle sue opere come al prodotto stupendo della sua follia, egli era, invece, un uomo di grande cultura, un pensatore raffinato che parlava perfettamente varie lingue, come  il francese e l’inglese, e che aveva studiato per diventare mercante d’arte. La sua sorprendente memoria visiva gli permetteva di ricordare fin nei minimi dettagli dipinti o stampe già visti e dalle sue lettere apprendiamo quanto importante sia stata questa conoscenza storico artistica per lo sviluppo del suo personale stile.  Sin dall’inizio della sua esperienza di pittore, egli si avvicinò ai maestri del recente passato, come Eugene Delacroix, Charles Daubigny, Jean-François Millet - che egli chiamava addirittura Père, padre -; Vincent ne copiò le incisioni più e più volte nei suoi disegni e ne riprodusse le composizioni anche nei propri dipinti. Se Rembrandt era il suo modello, Van Gogh riteneva, però, vitale anche l’incontro con i colleghi artisti e il dibattito sui temi legati alla contemporaneità, all’epocale rivoluzione artistica portata dagli Impressionisti, come Camille Pissarro e Paul Cézanne, e dai pittori post-Impressionisti della sua generazione, come Paul Gauguin e Georges Seurat. Proprio a testimonianza di questa fitta rete di rapporti e dell’importanza cruciale di queste fonti di studio ed ispirazione per Van Gogh, viene presentata in mostra una selezione accurata e puntuale di opere di questi ed altri artisti, cui il maestro olandese fece riferimento. Tra essi spiccano il capolavoro di Gauguin, Lavandaie al Canal Roubine du Roi, dal MoMA di New York ed il bellissimo I raccoglitori di fieno di Millet dal Louvre.

Pur spesso tormentato da profondi dubbi, in parte originati dalla malattia, Van Gogh era anche un uomo molto ambizioso ed aveva, in fin dei conti, una percezione estremamente chiara della propria opera nel suo insieme e del ruolo che avrebbe ricoperto nella storia dell’arte.

Queste posizioni apparentemente contraddittorie caratterizzano gran parte della vita e della produzione artistica di Vincent. Ad esse si ispira questa importante esposizione, che analizza l’opera del grande pittore olandese approfondendo due aspetti fondamentali della sua identità artistica: l’amore per la campagna, vista come un ambiente fisso e immutabile, e l’attaccamento alla città, centro del movimento frenetico e della vita moderna.

Van Gogh costruisce, da un lato, un’immagine idealizzata della vita rurale, dimostrando così di credere che la natura e la vita dei contadini, dura ma onesta, fossero valori senza tempo; questo concetto trova chiara espressione nei suoi ritratti di coltivatori, nelle immagini del lavoro nei campi, che segue il ritmo regolare e rassicurante delle stagioni, nelle descrizioni della campagna olandese e francese, come, ad esempio, nell’imponente La semina delle patate dal Von der Heydt-Museum di Wuppertal e nei bellissimi disegni di contadine chine al lavoro, in prestito dal Kröller-Müller Stifting.

D’altro canto, anche la città era importante per il pittore dal punto di vista visivo, perché  era il luogo dell’esperienza contemporanea, in cui era possibile venire a contatto con i più recenti sviluppi in campo artistico e progredire nella propria carriera. Non solo, in città il progresso dell’industria stava cambiando per sempre il destino dell’uomo e fu proprio lì che l’artista imparò a esprimere il sentimento della modernità, come in Strada con sottopassaggio (Il viadotto), dal Guggenheim Museum.

Questa dicotomia ispirò a Van Gogh un importante numero di dipinti, disegni ed acquerelli.  L’artista esplorò in modi molto affascinanti il suo universo di immagini; egli, infatti, non ritraeva pedissequamente ciò che aveva davanti agli occhi, ma ne offriva spesso un’interpretazione originale e dipingeva esattamente ciò che voleva che l’osservatore vedesse. I suoi ritratti e paesaggi non sono tanto una traduzione spontanea della sua esperienza visiva quanto piuttosto un repertorio di avvincenti composizioni consapevolmente costruito.

Van Gogh era fermamente convinto di dover realizzare un’opera radicalmente moderna, che però resistesse ai mutamenti del tempo per poter essere per sempre attuale. Se, da un lato, egli ammirava la pittura di paesaggio tradizionale della Scuola di Barbizon di metà Ottocento, dall’altro, negli anni ottanta del secolo, intendeva occupare una posizione di avanguardia in campo artistico.

 

Vincent van Gogh a Roma. "Campagna senza tempo – Città moderna" la mostra imperdibile di un genio vissuto tra ideale e reale...

Giovedì 18 Novembre 2010 09:54

Vincent Van GoghSotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana

Vincent Van Gogh

Campagna senza tempo – Città moderna

Roma – Complesso del Vittoriano

Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali)

Venerdì 8 ottobre 2010 -  domenica 6 febbraio 2011

Comunicato Stampa

“Vincent van Gogh. Campagna senza tempo – Città moderna”: dall’8 ottobre 2010 al 6 febbraio 2011 il Complesso del Vittoriano di Roma riporta a Roma dopo ventidue anni il genio assoluto di Vincent van Gogh, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte e nell’immaginario collettivo dell’uomo moderno.
Il percorso scientifico dell’esposizione analizza per la prima volta le due inclinazioni contraddittorie che spesso guidarono il pittore nella scelta dei soggetti dei suoi dipinti: il suo amore per la campagna, come ambiente fisso e immutabile, e il suo legame con la città, centro della vita moderna e del suo rapido movimento.
Saranno esposti oltre settanta capolavori tra dipinti, acquarelli e opere su carta del maestro olandese e circa quaranta opere dei grandi artisti che gli furono di ispirazione – tra i quali Millet, Pissarro, Cézanne, Gauguin e Seurat.


 

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