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Al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, Giorgio Albertazzi è Lear di Shakespeare, regia di Antonio Latella.


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Lear con Giorgio Albertazzi al Nuovo Teatro Nuovo, Napoli Al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli il 22 di ottobre c'è stata la prima di Lear da Shakespeare (con traduzione di Ken Ponzio) regia di Antonio Latella. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro di Roma e dal Nuovo Teatro Nuovo sarà in scena fino al 27. 

Sul palcoscenico un grande tavolo rettangolare dove giovani attori seduti discorrono amabilmente tra loro.
Solo ad uno sguardo più attento appare, al centro, la chioma bianca del Grande Vecchio. E' lui, Giorgio Albertazzi, il decano del teatro italiano dal fisico ancora asciutto che sembra quasi confondersi coi giovani interpreti del King Lear.
Si tratta della nuova, straordinaria sfida che il Teatro di Roma e il Nuovo Teatro Nuovo di Napoli hanno proposto con l'inedita coppia Albertazzi-Latella: lo sposalizio del vecchio teatro di tradizione e la sperimentazione più avanzata nel panorama drammaturgico contemporaneo.
Dopo l'esordio romano, l'ormai mitico spazio dei Quartieri a Montecalvario presenta, con un tutto esaurito, la prima napoletana della tragedia shakesperiana nella traduzione di Ken Ponzio.
E' un capocomico garbato ma esigente l'Albertazzi-Lear che riprende le varie Goneril, Regan e Cordelia ironizzando ed autoironizzando sui primi tentativi delle interpreti femminili di ricerca del personaggio di figlia.
Ma è anche la prima chiave di lettura della splendida messinscena di Latella-Ponzio (assistiti da un pregevole staff tecnico) del Lear come Testo/Testamento inciso sulla pelle del maestro Albertazzi che interpreta contemporaneamente se stesso ed il re di Britannia.
Poi, gradualmente, la fascinazione del testo shakesperiano cattura gli interpreti che procedono alla rappresentazione di alcune scene emblematiche della tragedia, con sempre più progressiva intensità drammaturgica tra momenti di grande teatro.
La cacciata di Cordelia ed il successivo scontro tra Lear, Goneril e Regan, Il duello-scontro tra i fratelli Edgar ed Edmund (il bastardo) con colpi violenti sempre più intensi di blocchi di carta, la tempesta con lancio di innumerevoli fogli svolazzanti fra gli alberi-tavole puntati al cielo. E poi scene di raffinato erotismo nei tentativi di seduzione reciproci tra le sorelle Goneril, Regan ed il bastardo oggetto di desiderio Edmund. Il tutto sotto lo sguardo di Albertazzi-Lear uscito di scena e comodamente seduto in poltrona tra lusingati spettatori. Infine l'intenso e dolcissimo canto di solitudine di Edgar con l'uso fortemente straniante del microfono.
Ma più spiazzante di tutto è la fine-non fine della tragedia: il grande vecchio abbandona la scena su cui i giovani attori compongono, con gli alberi-tavole, il palcoscenico del futuro spettacolo.
Con grande teatralità, tra applausi di commozione l'Albertazzi-Lear ritorna sul palcoscenico per prendere per mano ognuno dei bravi e giovani interpreti e consegnare loro la maschera tragica della sua straordinaria carriera di attore.
Uno spettacolo da non perdere.
Attilio Bonadies

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