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Paolo Borsellino essendo Stato


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Paolo Borsellino Essendo Stato Salerno - Martedì 7 giugno - Il  Teatro Verdi si è gremito in ogni ordine di posti, per la lettura-spettacolo di "Paolo Borsellino essendo Stato" di Ruggero Cappuccio e successiva tavola rotonda, coordinata dal giornalista Edoardo Scotti, su legalità in terre di mafia.
La singolarità e l'eccezionalità dell'avvenimento è data dal fatto che gli interpreti della messinscena sono tutti magistrati riuniti sulla proposta "Cultura per Area"  di Magistratura Democratica e Movimento per la giustizia - Articolo 3.

Un segnale forte alla e della società civile rivolto alla politica attraverso una pacata sfida sulla legalità: la messa in gioco di sé come magistrati nelle vesti di attori solo per ridare voce alle parole ed al magistero di dottrina e di vita di Paolo Borsellino. Sono trascorsi quasi vent' anni (1992) dalla strage di Via D'Amelio e l'intensa lettura di brani, liberamente tratti dalla splendida scrittura drammaturgica di Ruggero Cappuccio, ne segna il ricordo.

Lo ha sottolineato con forza, nel suo intervento, l'antropologo Paolo Apolito  che ha richiamato il valore esemplare e significativo di modelli e di testimonianze emblematiche, come quella della giovanissima Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo uccisa per errore dalla camorra e da quella zona grigia  che ne contrassegna i  comportamenti omertosi e contigui di cui siamo imbevuti.
E della non quiescenza e della battaglia civile l'aspirante magistrato Alessandra ha dato una toccante attestazione esistenziale: la quotidiana esigenza di non tradire la memoria della madre attraverso l'impegno con l'Associazione Libera di Don Tonino Palmese e col ricordo delle 150 famiglie vittime della criminalità organizzata. Una battaglia comune che pacatamente hanno rivendicato, nei loro interventi, i magistrati Rosa Volpe (commosso il personale ricordo del suo maestro Borsellino) e Vito Di Nicola come cittadini che vogliono ristabilire un patto con la società civile e parlare alle coscienze attraverso l'esemplarità di Paolo Borsellino ed il teatro e la poesia di Ruggero Cappuccio.
Ed a proposito della composizione della scrittura drammaturgica rappresentata, Ruggero Cappuccio (regista teatrale e lirico, drammaturgo, romanziere) ne ha evocato la sua improvvisa e misteriosa apparizione: "Paolo Borsellino mi raggiunse da una latitudine inconscia". Così il successivo incontro con Agnese Borsellino, dopo una sua lunga ed attenta lettura del testo, è stato contrassegnato da un sintomatico: "Diamoci del tu"  che ha  dato via libera alla messinscena. La conferma così di un sotterraneo ed allusivo legame  tra l'autore  ed il personaggio che, a  gran voce, chiedeva di far risuonare le tavole del palcoscenico di ansia di giustizia e parole di verità.
Certo Paolo Borsellino e Giovanni Falcone erano stati uccisi, ha ribadito Ruggero Cappuccio, anche perché avevano conoscenza del linguaggio: sapevano, nelle loro indagini, interpretare le pause, i silenzi, le mezze verità, gli ammiccamenti, le menzogne di una cultura siciliana contigua con i rituali di mafia.
In Paolo Borsellino essendo Stato (rappresentato, a partire dal 2006, da Teatro Segreto nei più prestigiosi palcoscenici italiani con una straordinaria interpretazione di Massimo De Francovich) questa contiguità ne è il segno distintivo ed arriva fino ai massimi livelli dello Stato.
"Il corpo dello Stato ha coltivato una piaga, la piaga organizza i suoi batteri, la sua infezione. L'infezione si perfeziona, diventa setta, diventa associazione, elabora un linguaggio, diventa mafia. I batteri hanno bisogno di cellule sane per aggredire. Lo Stato gliele fornisce. L'infezione serve allo Stato per mettere a morte le parti sane...inventa il medico, il giudice che costituisce il suo alibi. Il medico deve curare e non guarire mai la piaga..."
Ma lo spettacolo racconta anche di un Borsellino intimo e struggente, soprattutto nel finale. "Guardate la luna, è sempre solenne quando appare perché porta la luce dei segreti facili...Il mio lavoro fu solenne...per corteggiare la giustizia ...Fu semplice lo sguardo sulla nuca dei miei figli...la carezza di tutti gli sguardi che ho sentito sulle mie spalle...Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non piace per poterlo cambiare... Ho amato così... essendo stato Paolo Borsellino".
Lunghi e calorosi applausi di un pubblico attento e partecipato. Intensa ed efficace l'esecuzione di tutti i protagonisti dello spettacolo, in particolare delle interpreti femminili chiamate a misurarsi più sulle note liriche del testo. Ricordiamoli: Franco Roberti, Maria Teresa Belmonte, Lucia Casale, Ornella Dezio, Maria Chiara Minerva, Rocco Alfano, Luigi D'Alessio. Discreta ed impeccabile la regia di Umberto Zampoli.

Attilio Bonadies



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