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Abbiamo tutti un blues da piangere


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00:45 Il fornaio prepara l’impasto
per la notte che verrà
per non spezzare
il lievito del sempre
e saracinesche
distese e mute come scale assolate
in anfratti urbani giacciono
nella quotidianetà dei pezzi
banali e costituenti
nella assolutezza dello stare
il Tempo scorre imperturbabile
la soglia rimane soglia
e l’albero continua a rifiorire
la ringhiera è ringhiera
ed io la ricordo gabbia  
ora invece giace
scrostata e bassa al fianco
sullo stesso panorama accumulato
sotto mucchi di sguardi
volanti e abbandonati

Mio padre ricorda gli strati
mia madre altrettanto
ed io invece ritrovo croste
cresciute e calpestate
e nell’incedere e nell’andare
ti siedi dove prima c’era un gelso
e la sua macchiante anima ora
è una chiazza d’urina canina

L’organicità del cemento
è contraddittoria
è  un seno finto
è bara che respira
ci hanno costruito capanni
nell’illusione del riparo
e della proprietà privata
degli attici con la chimera delle stelle
nessuno ci spinge più
gli aguzzini hanno buttato le fruste
ed ora posseggono grandi scrivanie
e bracci armati
e palazzi e circoli dove trovarsi
per discutere del destino


Vivo come un cane in città desolate
ma non posso pisciare dove mi pare!

La mia anima la pianto nel grido
nell’inchiostro nella lotta  e nel sorriso
nel dolore e nell’amore
la verità è che vorrebbero
farmi sentire piccolo
inerme e insignificante
P.C.C. Produci Consuma Crepa
credevo fosse una sigla di lotta
invece è un monito a morire
Non voglio presentare teoremi
non propongo corporazioni
mi allontano e mi dissolvo
non senza avervi dato
qualche calcio nei coglioni

Agli occhi dei più
un Poeta non è niente
è un disoccupato
carta scritta e  pugni d’emozioni
guardano all’allegro taccuino
non accorgendosi  dell’anima macigno
e della lingua spada
sotto cui però distese e distese di fiori.

           Valeriano Forte

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