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Siria, Assad revoca lo "stato di emergenza" ma fa strage per le strade.


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Bashar al-Assad revoca le leggi di emergenza in SiriaIl presidente siriano, Bashar al-Assad, sabato scorso aveva annunciato un progetto di legge per la revoca del tanto contestato “stato di emergenza” in vigore dal 1963; oggi il progetto di legge è passato, ma appare come un tentativo per prendere tempo e sedare la popolazione che da settimane invade le piazze del paese e che muore, uccisa dalle forze di sicurezza siriane.

L'esercito del presidente non esita a sparare sulla folla inerme che sempre più spesso si raduna in occasione dei funerali delle vittime del regime; la revoca della legge che da quasi mezzo secolo vieta i diritti dei cittadini e la libertà di espressione, è apparsa subito come tardiva e inutile, visto che l'esecutivo di Damasco ha subito approvato nuove norme che, di fatto, limitano ancor più le manifestazioni pubbliche.

Bashar al-Asad conduce un doppio gioco: da un lato, promette riforme e tolleranza, dall'altro, reprime ogni protesta con brutalità. Il governo continua a dire che la ribellione si nutre di "complotti stranieri" e sostiene che le bande violente, finanziate e armate dal Libano e Iraq, sparano a poliziotti e soldati.

E 'impossibile verificare l'esistenza di queste bande armate. Crescono, invece, denunce di parenti di soldati uccisi, perchè si sono rifiutati di sparare sulla folla inerme. Secondo queste versioni, le morti tra soldati e polizia sono dovute alla repressione interna, non ai raid della fantomatica milizia rivoluzionaria.

La Siria sta lentamente e inesorabilmente cadendo in un baratro nascosto agli occhi del mondo.

Il paese è completamente chiuso alla stampa e le notizie trapelano solo grazie a testimoni locali contattati dalle agenzie di stampa internazionali. La situazione è confusa, le forze di sicurezza, racconta un testimone alla Tv Al Jazeera, si sarebbero infiltrate tra i manifestanti, sparando tra la folla durante le ultime manifestazioni, classificate dal regime come “insurrezione armata”.

davide scannapieco


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