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Il secolo dell'alleanza. Stati Uniti e Santa Sede nel '900


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Usa-Santa SedeIl secolo dell'alleanza. Stati Uniti e Santa Sede nel '900


Convegno di Studi
Facoltà di Scienze Politiche - Università di Salerno
31 maggio 2010

A ventisei anni dall'istituzione di relazioni diplomatiche formali tra la Santa Sede e gli Stati Uniti, la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Salerno propone un'interessante riflessione sul rapporto intercorso tra il Vaticano e Washington nel corso del ventesimo secolo, chiamando al tavolo dei relatori docenti, studiosi ed esperti italiani e stranieri: Federico Romero dell'Università di Firenze, Luigi Bruti Liberati dell'Università di Milano, Rafael Foley Political Officer dell'ambasciata americana presso la Santa Sede, Gerald P. Fogarty dell'Università della Virginia, quest'ultimo già membro della commissione internazionale congiunta cattolico-ebrea, incaricata di analizzare le documentazione poi confluita nella pubblicazione "Atti e documenti della Santa Sede, relativi alla Seconda Guerra mondiale", Luca Castagna dell'Università di Salerno, nonché Luigino Rossi preside della Facoltà di Scienze Politiche.

La storia delle relazioni tra il Vaticano e gli Stati Uniti non è di semplice lettura o almeno non lo è nel suo primo secolo di vita a causa di diverse diatribe diplomatiche e religiose. Nel momento in cui gli Stati Uniti si affacciano sulla scena internazionale e iniziano a confrontarsi con le relazioni internazionali si trovano di fronte regimi monarchici e la stessa Chiesa cattolica; ancora, quando gli americani combattono contro le potenze europee si scontrano con il mondo cattolico. Sin da subito si crea una netta distinzione: da un lato il mondo cattolico, autocratico, tradizionalista, dall'altro il mondo repubblicano, protestante, dedito al progresso tecnico-scientifico, al cambiamento. Un mondo, il primo, che secondo le élite americane del tempo era inevitabilmente destinato a sparire.

Ma questa netta distinzione è costretta a decadere. Con i flussi migratori verso gli Stati Uniti l'elemento cattolico entra di fatto nei processi di costruzione della Nation-building americana. E la stessa Chiesa inizia a concepire la parrocchia come "parrocchia etnica": da luogo di culto essa diventa anche ambito di crescita e di incontro, di costruzione del cosiddetto Melting Pot. Vi contribuisce anche la determinazione con cui i cattolici americani partecipano all'impegno profuso dagli Stati Uniti nel corso della prima guerra mondiale. Così le ostilità "sacrali" si appianano fino al loro superamento.

Nel corso degli anni trenta, quaranta e cinquanta la scena americana cambia rapidamente e vede la piena integrazione dei cattolici nella vita americana; essi entrano a far parte delle élite americane, fino ad allora prevalentemente protestanti; la classe dirigente americana è ora più complessa, meno districabile nelle sue componenti. A ciò contribuisce notevolmente lo scoppio della seconda guerra mondiale. Fin dall’inizio della guerra, infatti, gli americani cercano il dialogo con tutti, quindi anche con il Vaticano.

All'indomani della sua conclusione il mondo è di fatto caratterizzato da due distinte realtà: da un lato, l'Occidente, e dall'altro i totalitarismi, prima la Germania nazista, poi l'Unione Sovietica. In questa accezione di Occidente si collocano il mondo giudaico-ebraico, quello cattolico e quello protestante. In questa polarizzazione trova finalmente posto l'ipotesi di un dialogo reale tra Stati Uniti e Vaticano.

Sebbene i contatti tra la Santa Sede e gli Stati Uniti non fossero mancati nel tempo - nel 1939 in occasione della proclamazione di Papa Pio XII gli Stati Uniti avevano mandato una loro rappresentanza - è con la presidenza del democratico e cattolico John Fitzgerald Kennedy che si pone la questione dell'avvio delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e gli Stati Uniti. Ma trascorreranno altri anni prima di una sua definizione. Nel luglio del 1970 sotto la Presidenza di Nixon viene accreditato presso la Santa Sede un rappresentante del Presidente americano. E solo nel 1984 vengono avviate formalmente le relazioni diplomatiche. In questi anni non sono mancate dure contrapposizioni e momenti di vicinanza. Il Vaticano ha criticato fermamente le politiche di armamento americano, così come le modalità delle politiche di aiuto verso il terzo mondo, mentre momenti di riavvicinamento vi sono stati sulla Polonia di Solidarnosc e sul tema dei rapporti con l'Islam.

Oggi il Vaticano guarda con grande interesse alle dichiarazioni del Presidente americano Obama: chiudere Guantanamo, ridurre la tortura e l'impegno in Irak, operare per il disarmo, utilizzare la diplomazia per addivenire ad una soluzione del nucleare iraniano. Sfide comuni, come è emerso nel corso dell’incontro tra Obama e Benedetto XVI del 10 luglio 2009, sono da ricercarsi nei processi di globalizzazione, nel campo della bioetica, nelle misure di tutela della vita. Esistono comunque delle differenze sostanziali sul tema dell'aborto e della ricerca sulle cellule staminali e embroniali, ma non tali da creare difficoltà nelle relazioni tra i due stati.

Ciò che rende questo rapporto unico per gli Stati Uniti, ha sottolineato in chiusura di convegno Foley, rappresentante diplomatico americano presso la Santa Sede, è la natura stessa della Santa Sede. Essa non è influenzabile: il Vaticano ha 178 stati accreditati, è il secondo stato al mondo dopo gli Stati Uniti; quando il Papa parla la sua parola è tradotta in 40 lingue. Sebbene sia difficile stabilire quanto le parole del Papa influenzino il mondo è chiaro che il suo messaggio arriva ovunque. In definitiva non è possibile influenzare la Santa Sede, né economicamente, né militarmente. Vi può essere solo una comune volontà di collaborazione, non su obiettivi specifici, bensì comuni. Un'azione parallela tra Stati Uniti e Vaticano che si fonda sullo scambio di informazioni. Un'azione comune che rientra nel solco della diplomazia culturale promossa e perseguita con forza dal Presidente Obama.


beatrice benocci

beatrice.benocci@libero.it

foto di beatrice benocci

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